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lhazen, o Abū ʿAlī al-Hasan ibn al-Hasan ibn al-Haytham (arabo: ابن الهيثم) (Bassora,965 – Il Cairo, 1038), è stato un medico, filosofo, matematico, fisico ed astronomo arabo. Fu sicuramente uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico (ed in genere del principio del secondo millennio). Inoltre è considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Basrī (di Bassora), al-Misrī (l'egiziano) e, nell'Occidente latino, Originario delle aree della Mesopotamia (attuale Iraq), vi crebbe studiando religione e conoscendo le scienze attraverso gli insegnamenti dei religiosi locali, fra Bassora e Baghdad. Ben presto (avrebbe poi narrato nella sua autobiografia) si fece convinto dell'impossibilità che le diverse religioni, portatrici di messaggi tanto differenti e tanto violente nel reciproco confliggere, potessero trasmettere messaggi veritieri. Figlio di un agiato dignitario, i suoi studi erano inizialmente diretti verso carriere che oggi si potrebbero definire di pubblica amministrazione; fu anche nominato visir per la provincia di Bassora, ma i suoi dubbi religiosi resero incompatibile la sua permanenza in cariche in qualche modo dipendenti dal potere politico, strettamente connesso con l'ambiente "clericale" dei dotti. Fu questo uno dei motivi che lo spinsero a dedicarsi completamente alle scienze; le sue qualità cominciarono ad emergere, ad attribuirgli una certa notorietà ed a fargli conoscere le teorizzazioni della cultura classica dell'area mediterranea. Uno dei suoi primi "incontri" con la scienza classica lo portò a conoscere Aristotele. Si trasferì ancora giovane in Egitto, dove avrebbe operato per il resto dei suoi giorni. Vi giunse, secondo una versione (una leggenda per alcuni storici), per invito dell'Imām al-Hākim della dinastia dei Fatimidi (che regnò anche in Sicilia) il quale, avendo saputo dei suoi straordinari talenti, lo avrebbe invitato a progettare un sistema per la regolazione delle acque del Nilo, che causavano le ben note inondazioni; secondo altre versioni, parrebbe che Ibn al-Haytham avesse per suo conto elaborato un progetto, probabilmente per unadiga. Giunto presso al-Janadil, a sud di Aswān, con una nutritissima squadra di tecnici ed operai finanziatagli dall'Imām-califfo, incontrò difficoltà che alcuni indicano tecniche, altri finanziarie, e dovette rinunziare al progetto. Tornato alla capitale dovette subire la sprezzante umiliazione di al-Hākim che, rinnegandone le qualità "professionali", accusandolo cioè di non possedere le qualità di uno scienziato, gli assegnò un posto da impiegato - diremmo oggi - di concetto. Temendone però l'ira, perché al-Hākim era un eccentrico tiranno che si era distinto, sì, per un costante ed importante mecenatismo, ma anche per una fredda crudeltà, Alhazen si finse pazzo per una dozzina d'anni, sino alla morte violenta dell'Imām (1021). Durante questo periodo ebbe modo di viaggiare (pare che abbia visitato la Spagna, sotto dominazione islamica, e la Siria dove - in base a ipotesi che non ha però riscontri - avrebbe vissuto), mentre è certo che si stabilì comunque in Egitto, nella sua capitale (vicino allamoschea di al-Azhar) dove la presunta pazzia non gli impedì di essere ammesso agli studi ed all'insegnamento presso quella stessa moschea che, come oggi, funzionava da università. Costituì inoltre una personale biblioteca le cui dimensioni, per l'epoca e per la posizione di Alhazen, erano impressionanti: si disse che fosse seconda solo a quella della Dār al-Hikma (Casa della Saggezza) eretta dagli Imām fatimidi. Al Cairo, grazie ai vantaggi offerti dalla vivissima attività culturale della capitale, studiò a fondo la scienza nelle teorie sviluppate dagli studiosi greci, traducendo in arabo un gran numero di opere e consegnando quindi al mondo islamico, proprio nel momento in cui la fioritura delle scienze era presso di questo al suo più florido sviluppo, un contributo documentale ed informativo di grandissima importanza. Restituì alcune opere perdute all'intera umanità: Le coniche di Apollonio di Perga erano in otto libri, dei quali l'ultimo era andato perduto. Alhazen fu capace di rielaborare deduttivamente (e proseguendo i ragionamenti dei libri precedenti) il libro mancante, dandone una stesura del tutto compatibile con la possibile originaria. Ma le traduzioni (fra le quali rilevano gli Elementi di Euclide e l'Almagesto di Tolomeo) lo introdussero anche alla speculazione personale su molte delle materie analizzate, risultando in approfondimenti e riformulazioni che sarebbero rimaste per molti secoli di importanza capitale. La parte più rilevante dei suoi studi è raccolta in 25 saggi di matematica ed in 45 ricerche di fisica e metafisica, oltre alla sua autobiografia del 1027. Fu soprattutto nell'ottica che le sue ricerche produssero risultati d'eccezione. Studiando l'ottica euclidea, enunciò teorie sullaprospettiva, della quale focalizzò il suo interesse sui tre punti fondamentali (il punto di vista, la parte visibile dell'oggetto e l'illuminazione), riformulando i modelli geometrici che ne descrivevano le relazioni. Ci volle molto tempo perché l'Europa potesse conoscere gli studi di Ibn al-Haytham. Ostavano ad una loro rapida diffusione la distanza culturale e linguistica del mondo occidentale da quello arabo, e non erano di giovamento le distanze politiche e religiose: infatti mentre l'islam incoraggiava la scienza e la sua diffusione, la chiesa la ostacolava. Un compendio dei suoi studi fu tradotto nel 1270 dal monaco polacco Vitellione, che sotto il titolo complessivo di "De Aspectibus" raccolse insieme altre opere come l'"Epistola sulla luce" e il "Libro dell'ottica", che fu conosciuto in Occidente col titolo di Prospettiva di Alhazen. Le teorie dello scienziato arabo posero certamente in discussione le tradizioni consolidate nella teoria delle scorze, ma - forse anche per le molte implicazioni di natura culturale generale - non le scardinarono: si giunse invece ad ipotizzare una sorta di teoria di mediazione fra le vecchie e le nuove ipotesi, detta "teoria delle specie". In questa le scorze divenivano "specie", che lasciavano l'oggetto per effetto di un agente esterno, raggiungendo l'occhio grazie ad alcuni raggi visuali che l'occhio avrebbe emesso per catturarle. Anche gli studi sulla rifrazione e sulla camera oscura, come quelli sul capovolgimento delle immagini nel globo oculare, non furono recepiti immediatamente, ma si procedette pigramente alla ricostruzione, talvolta scettica, dei percorsi seguiti da Ibn al-Haytham oppure si seguitarono gli studi già avviati ignorando il contributo dello scienziato di Bassora; lo stesso Leonardo ipotizzò (al contrario, rispetto all'arabo) che anche all'interno dell'occhio si avesse un capovolgimento dell'immagine analogo a quello della camera oscura leonardiana. Sarebbe stato l'abate Francesco Maurolico da Messina, molto tempo dopo, a rivalutare le intuizioni di Alhazen, pur restando fra i suoi contemporanei assai isolato e poco considerato; Maurolico perfezionò l'idea della moltitudine di punti emittenti segnali, definendoli raggi geometrici. Fu poi con Keplero, ispirato dall'arabo e dal Maurolico, che le innovazioni di Alhazen servirono di base per lo sviluppo della teoria moderna.
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